HomeItaliaBerloni: azienda storica in attivo liquidata dagli asiatici

Berloni: azienda storica in attivo liquidata dagli asiatici

Non solo Ilva: la globalizzazione apre a nuovi investimenti ma anche alla perdita di posti di lavoro. Nel caso della Berloni, marchio storico del made in Italy, a decidere saranno gli asiatici.

Il Sindaco di Pesaro, Matteo Ricci, si è recato questa mattina fuori lo stabilimento della Berloni. Il motivo è la comunicazione, da parte dell’azienda, della messa in liquidazione della società. Ci sono in ballo ottantacinque posti di lavoro.

“Questa mattina abbiamo voluto dimostrare vicinanza e disponibilità a tutti i lavoratori di questa storica ditta del territorio” ha scritto il sindaco in un post Facebook.

“Una notizia del tutto inaspettata, in verità non legata alla produzione. L’azienda stava andando meglio, era riuscita ad alzare di nuovo la testa dopo anni di difficoltà. Proprietà e liquidatore sono i primi due incontri che vogliamo mettere in agenda”.

Berloni, conti in attivo e fatturato in crescita

La situazione è abbastanza inconsueta perché i conti dell’azienda sono in attivo e il fatturato è in crescita. Qualora non si dovesse trovare una soluzione, il sindaco Ricci passerà alla fase due, ovvero “garantire i lavoratori con gli ammortizzatori per sostenere le difficoltà”.

Ma non solo: “Guardare a nuovi potenziali acquirenti che abbiano gli stessi nostri obiettivi: salvaguardare il marchio e mantenere posti di lavoro, favorendo magari anche un contatto con il liquidatore”.

La Berloni di acquirenti ne aveva già trovati dopo la crisi finanziaria del 2013. Secondo quanto riportato da Il Fatto Quotidiano, la proprietà del marchio era rimasta in mano a tre investitori di Taiwan, ciascuno dei quali deteneva una quota di circa il 33% delle azioni del gruppo.

Solo il restante un per cento era rimasto di proprietà della famiglia Berloni, che aveva mantenuto Roberto Berloni nel ruolo di amministratore delegato.

Abbiamo raggiunto telefonicamente il segretario provinciale Fillea Cgil, Giuseppe Lograno, al quale abbiamo fatto alcune domande per capire cosa sta succedendo.

L’intervista al segretario Lograno

Quando avete saputo della decisione da parte dell’azienda di voler mettere in liquidazione la società? Può raccontarci come sono andate le cose?

“Lo abbiamo saputo ieri. Della messa in liquidazione sapevamo che una settimana fa dovevano fare una riunione dei soci per rinominare il cda aziendale, dopo le dimissioni di uno dei tre componenti. In quella riunione non raggiunsero il numero legale e la rinviarono al 28/11.

Nelll’odg di ieri avevano aggiunto la messa in liquidazione della ditta e la maggioranza ha votato a favore. Non avevamo avvisaglie se non qualche preoccupazione: non sapevamo che era stato inserito quel punto all’ordine del giorno.

In questi ultimi anni l’azienda ha avuto sempre un trend di fatturato in crescita. Sicuramente necessita di investimenti, soprattutto dal punto di vista commerciale, ma non era un’azienda da mettere in liquidazione”.

Infatti l’azienda oltre ad avere i conti in ordine ha il fatturato in attivo. Lei come si spiega una decisione del genere? “Non me lo spiego”.

Dalle informazioni che abbiamo ricevuto sembrerebbe che la maggior parte degli operai sono lontani dalla pensione: è così? “Sì, non abbiamo ancora approfondito la questione ma non c’è nessuno che a breve va in pensione”.

La fase due: ammortizzatori sociali e nuovi acquirenti

Il sindaco Ricci ha parlato di ammortizzatori per salvaguardare i lavoratori ma anche di valutare possibili nuovi acquirenti, quest’ultima ipotesi sarebbe auspicabile. Quanto sarà importante il supporto dell’amministrazione comunale e della Regione?

“Gli ammortizzatori sociali potrebbero essere utili e le istituzioni potrebbero svolgere un ruolo attivo per cercare di ottenerli. Sulla seconda ipotesi non so cosa dirle perché non so se il marchio è in vendita.

Gli acquirenti esistono se il marchio viene messo in vendita ma ad oggi, non ci risulta questo tipo di informazione. Il sindaco l’ha messa come ipotesi per evitare di perdere il marchio nel territorio”.

Le faccio una domanda più generica per conoscere il parere di un sindacalista. Molte aziende stanno soffrendo alcune scelte di chi, da straniero, ha investito nel nostro Paese: è il prezzo da pagare in un mondo sempre più aperto alla globalizzazione?

“Investimenti di capitali stranieri nel nostro territorio hanno salvato e potrebbe salvare aziende in difficoltà. È successo già diverse volte e in diversi settori: nautica, moto, arredamento, laterizi fino alle padelle.

Questo però vuol dire anche iniziare a discutere con persone che non sono legate al nostro territorio, al nostro distretto e che fanno valutazioni soltanto di tipo economico: se non sono vantaggiose, le aziende vengono chiuse o spostate con molta facilità”. Foto: post Facebook Matteo Ricci