HomeSport e GiochiEcco perché la campionessa Marieke Vervoort, 40 anni, ha scelto di morire

Ecco perché la campionessa Marieke Vervoort, 40 anni, ha scelto di morire

È scomparsa ieri a quarant’anni Marieke Vervoort, atleta paralimpica belga: ha scelto l’eutanasia, come aveva già annunciato. E si riapre il dibattito su un tema delicato.

Marieke Vervoort era solo una ragazzina quando a 14 anni le diagnosticarono una grave malattia muscolare degenerativa.

Malattia che le ha portato nel tempo dolori continui e lancinanti, paralisi alle gambe e ultimamente attacchi epilettici. Riposare bene era quasi un’impresa, di notte urlava così tanto da svegliare i vicini. La vista piano piano se ne andava.

È un attimo mollare e piangersi addosso: sembra che la vita voglia punirti e che il mondo ce l’abbia con te. Ti chiedi: perché proprio a me? Dove trovo il coraggio per andare avanti?

Ma una ragazza con lo spirito di Marieke Vervoort non si è lasciata certo fermare: non c’era tempo per piangersi addosso.

Ed ecco che è arrivato lo sport come una salvezza: basket in carrozzina, nuoto, triathlon e alla fine l’atletica. In carrozzina ha corso 100, 200 e 400 metri.

Neanche a dirlo Marieke Vervoort si è rivelata bravina e nel tempo, a livello agonistico, qualche soddisfazione se l’è tolta.

Paralimpiadi di Londra 2012: ha vinto l’oro nei 100 m e l’argento nei 200 m; Mondiali di Doha 2015: en plein e tre ore vinti; Rio de Janeiro 2016: argento nei 400m e bronzo nei 100m. Neanche un grave infortunio a una spalla nel 2013 l’ha fermata.

L’annuncio shock di Marieke Vervoort

Dopo la quarta medaglia olimpica dichiarò: “Mi sto ancora godendo ogni piccolo momento. Quando avrò più giorni brutti che buoni, allora ho già i miei documenti per l’eutanasia ma il tempo non è ancora arrivato”.

Aveva aggiunto: “Mi godrò ogni piccolo momento della mia vita e aggiungerò più energia alla mia famiglia e ai miei amici, cosa che non potevo fare prima perché dovevo allenarmi ogni giorno”.

In Belgio l’eutanasia è legale dal 2002 e Marieke Vervoort aveva i documenti pronti dal 2008. Sosteneva che la prospettiva della morte assistita, della possibilità di avere una via d’uscita, le dava il coraggio per continuare a vivere.

“Se non avessi ottenuto quei documenti penso che mi sarei già suicidata, perché è molto difficile vivere con così tanto dolore, sofferenza e questa insicurezza. So che quando sarà abbastanza per me, avrò quei documenti”.

Dalle foto sui suoi social emerge il coraggio, la voglia di lottare e continuare a vivere per sé e con gli altri, con la sua famiglia e i suoi cani guida, compagnia e aiuto nei momenti quotidiani di difficoltà.

Come quando nel 2014 si rovesciò addosso una pentola di acqua bollente con conseguenti ustioni gravi alle gambe e successivi quattro mesi di ospedale.

Ci vuole coraggio per continuare a vivere quando ti dicono che dovrai soffrire più degli altri e morire prima dei tuoi cari.

Il tempo passa impietoso ma invece che goderti la vita ti alleni fino allo sfinimento. A volte magari non vinci e ti chiedi se ne valga la pena.

Sicuramente ci vuole ancora più coraggio per scegliere di morire e aspettare più di 10 anni per farlo. D’altronde Marieke di coraggio ne ha sempre avuto tantissimo. – Foto Facebook