Il sociologo Massimo Introvigne sul caso Sea Wacth: “A me sembra che la vicenda Sea Watch sia un magnifico esempio di teatro barocco, dove niente è come sembra”.
La vicenda Sea Wacth tiene banco da giorni e con ogni probabilità se ne continuerà a parlare ancora per mesi. Da un lato la capitana Carola e dall’altro il capitano Matteo Salvini: tutti accecati da questo tam tam politico.
Ma di questi immigrati a chi interessa realmente? L’impressione è che questa vicenda sia stata l’ennesima occasione, da parte di tutti, per tirare acqua al proprio mulino. Una questione ideologica piuttosto che umanitaria.
Un punto di vista interessante è quello postato dal sociologo Massimo Introvigne che su Facebook lo definisce come un “teatro barocco” dove “niente è come sembra”. Lo abbiamo intervistato per capire cosa pensa di tutta questa vicenda.
L’intervista a Massimo Introvigne
Professore, da quello che ha scritto su Facebook dovremmo dedurre che lei ha una visione “complottista” rispetto alla vicenda Sea Watch: cosa intende quando scrive: “niente è come sembra”?
In realtà no. Parlerei piuttosto di due binari paralleli. Ovviamente c’è il binario ovvio, lo scontro fra ONG e governo italiano. Ma c’è un aspetto teatrale che conviene a tutti e dove tutti hanno il loro tornaconto.
C’è un incidente percepito che va al di là dell’incidente reale e dove ognuno recita a beneficio del suo pubblico (la capitana dei media, Salvini dei suoi elettori, la giudice della maggioranza dei suoi colleghi magistrati) e ne ottiene l’applauso. Stona solo il PD perché non ha capito che il suo pubblico non è più quello di una volta.
Parliamo del binario ovvio: che idea si è fatto rispetto al lavoro delle ONG?
ONG è una vasta categoria. Come dice la lettera del governo olandese a quello italiano ci sono seri dubbi che alcune collaborino direttamente o indirettamente con criminali. Però alcune non significa tutte.
Al di là della probabile “furbata”, come giudica la sentenza?
Premesso che non é definitiva, mi sembra “buonista” e un precedente pericoloso. Se si prende per buono lo stato di necessità psicologico e auto-certificato dovremmo lasciare attaccare qualunque barca con immigrati. Trovo poi bizzarro che non si consideri porto sicuro la Tunisia.
Il Ministro Salvini ha definito la sentenza scandalosa e già pensa a una riforma in tema giustizia. A parte il caso Sea Watch, crede sia opportuno iniziare a parlarne? Ad oggi la fiducia nella magistratura è ai minimi storici.
Opportuno sì ma si tenta da vent’anni.
Una distinzione importante
Un ultima domanda professore. So bene che il tema è complesso ma voglio chiederle: da un punto di vista cristiano, quale potrebbe essere una soluzione rispetto al dramma che vivono queste popolazioni?
La chiave è la distinzione fra immigrati e rifugiati. Il rifugiato è chi non può tornare in patria perché se lo facesse andrebbe in prigione o peggio. Io lavoro con i rifugiati che sfuggono alle persecuzioni religiose.
Per esempio al 90% dei rifugiati cinesi perseguitati per la loro religione in patria, in Italia non è concesso asilo. Che nessuno si scandalizzi per questo è il vero scandalo.
Il novanta per cento e più di quelli che arrivano sui barconi e sono soccorsi dalle ONG non sono rifugiati. Sono immigrati economici cioè persone che cercano un lavoro e un futuro migliore.
Si può simpatizzare con loro ma la stessa Santa Sede ha ricordato che mentre accogliere i rifugiati è un obbligo morale – e anche di diritto internazionale – assoluto, accogliere gli immigrati economici è onorevole e ammirevole ma non può avvenire senza limiti.
Per fortuna i veri rifugiati sono in numero relativamente limitato. Il numero di immigrati economici è potenzialmente senza limiti. Neppure la morale cristiana impone di accoglierli tutti.
Per di più quelli in grado di pagare i trafficanti per avviarsi verso l’Europa spesso non sono neppure i più poveri. Ripeto, l’accoglienza dei rifugiati è obbligatoria e di questo io vorrei si parlasse di più, per esempio di quelli sacrificati sull’altare dei buoni affari con la Cina.
Quella degli immigrati economici è ammirevole per chi se la può permettere, ma i governi hanno diritto di fissare dei limiti.