Davanti al quotidiano sfoggio di xenofobia, egoismo e mancanza di empatia, ho deciso di intervistare vari intellettuali sul tema, al fine di capire cosa stia succedendo in Italia in questo preciso momento storico.
L’ultimo caso di pochi giorni fa è l’astensione sulla Commissione Segre che conferma che c’è un’Italia che vive di odio razziale e non solo.
Ho incontrato e intervistato a Roma Marco Dalissimo, scrittore romano che ha vinto il premio “Adrenalina” 2017, nella sezione scrittura, con le sei prose contenute nella raccolta “Il presente diventa sempre”.
Autore anche del romanzo “Nessun dio sulla terra” (2010) e della raccolta “Un anno senza giorni” (2015). Chi volesse può ascoltare l’autore su YouTube.
L’intervista a Marco Dalissimo
Leggendo l’incipit de “Il presente diventa sempre” lei prende una posizione sull’accoglienza e su quanto accade al largo delle nostre coste. Alla luce del decreto sicurezza bis, crede che la pietà sia diventata un atto di pazzia?
Intendo dire che la pazzia è certamente un segnale del nostro tempo e la pietà, figlia del nostro credo religioso ma certamente anche laico, sembra essere schiacciata da questo modo irragionevole di pensare.
Perdonare diventa un atto di pazzia, perché vediamo che odiare è una tabula rasa dove l’uomo ha poca importanza, questo ci fa inevitabilmente pensare che il nostro secolo non tema le esperienze storiche del 900.
Si può passare attraverso i “muri” e diventare altro?
Diventare altro è possibile per le persone che credono nei cambiamenti importanti, passare attraverso i muri che dividono i popoli, attraversare il mare, scendere ancora in piazza.
Lottare per i diritti fondamentali della persona vuol dire sognare attivamente un futuro più giusto e credo che questa visione “giusta” del mondo sia ancora un sogno estremamente giovane nonostante questo presente.
Ma diventare altro è anche una metamorfosi che un uomo e una donna possono attuare in ogni momento della loro vita, non parlo solo di politica e sociale, noi possiamo scegliere diverse vite nel corso di questo viaggio.
Lei, da figlio naturale di Roma, come giudica gli episodi di razzismo, diretti anche al diverso orientamento sessuale di cui si è resa palcoscenico abituale?
A Roma come in altre città, e non solo italiane, gli episodi di intolleranza verso le diversità sono divenute allarmanti.
Ma se mi chiede un parere da cittadino romano le dico che questa città ha sempre avuto una grande disposizione verso tutti. Mi piace pensare che la lupa, animale totemico di Roma voglia difendere i suoi figli più deboli, sempre.
“Gli sbarchi sono solo il cappello di un mondo che viene dimenticato dalla grande informazione”
Marco Dalissimo senza più sbarchi non crede che la sabbia resterà intatta, pettinata, pura ma senza storia?
Chiudere i porti ci riporta alla pazzia e alla pietà. Non dimentichiamo però i problemi di alcune zone sconosciute Africane dove le guerre e le tirannie sono ancora la realtà per migliaia di persone.
Gli sbarchi sono solo il cappello di un mondo che viene dimenticato dalla grande informazione. In Uganda essere gay vuole dire andare in galera anche con la pena dell’ergastolo; nella Repubblica centroafricana ci sono la lebbra e la malaria ancora oggi.
Noi vediamo le immagine di grandi esodi ma in alcune zone del mondo non è possibile nemmeno fuggire. Speriamo in un nuova direzione, più vicina ai sentimenti della gente, non esistono solo poteri prepotenti.
I nostri figli avranno l’educazione per camminare nella memoria, nel passato del mondo, per non dimenticare di essere umani?
I nostri figli devono capire che molto dipende dalle loro scelte, e per avere memoria si deve esercitare la mente perlomeno alla lettura.
Il passato del mondo è sempre sotto i nostri occhi, intorno a noi. La conoscenza è a portata di tutti, noi possiamo fare in modo che i giovanissimi e i giovani sentano questa possibilità per poter “vedere” chi siamo noi esseri umani.