La scorsa settimana il programma Le Iene ha ripreso la storia di Jonathan Galindo, un personaggio del web che istigherebbe i bambini a sfide estreme.
È una figura molto controversa che veste panni simili a quelli di Pippo della Disney in una versione umanizzata.
Alcuni hanno trattato con scetticismo la storia affermando che la vetrina mediatica potrebbe aver peggiorato le cose.
Tutto è iniziato in Italia questa estate dopo che una mamma ha denunciato alla polizia postale che sua figlia era stata contattata da Jonathan Galindo che le aveva proposto giochi estremi.
È poi tornato sui giornali perché lo hanno collegato alla morte del bambino di 11 anni di Napoli che si è tolto la vita a fine settembre.
L’ultimo messaggio del bimbo ai genitori è stato: «Mamma e papà, vi amo. Ora devo seguire l’uomo col cappuccio nero. Non ho più tempo. Perdonatemi».
La pista dell’adescamento online non è stata scartata dagli inquirenti ma ancora non ci sono conferme.
Dopo la notizia dell’esistenza del personaggio di Jonathan Galindo, molti genitori hanno innalzato l’asticella del controllo sui contatti social dei figli.
Un papà preoccupato per Jonathan Galindo a Le Iene
Un papà ha contattato Le Iene dopo aver visto su TikTok un video del figlio di 7 anni e un altro del fratello di 9 in cui parlavano di questo strano personaggio.
I due bambini stavano facendo una ricerca su Jonathan Galindo. Il padre spaventato ha sporto subito denuncia alla Polizia Postale di Frosinone perché nei fogli che mostravano i bambini era riportata la scritta “ultima sfida suicidarsi”.
Nonostante l’agente cercasse di calmare il papà, l’uomo era molto nervoso: «La situazione è delicata».
Ma a quanto pare la Polizia Postale non ha fatto niente. All’indomani dalla tragedia del ragazzino di Napoli, collegata a Jonathan Galindo, il padre li ha richiamati.
È stato però dirottato alla procura del tribunale dei minori che a loro volta lo hanno rimandato nuovamente alle forze dell’ordine.
«O interviene qualcuno o, mi dispiace doverglielo dire anche con tono forse forte, intervengo io. Devo tutelare mio figlio. Se non lo fanno le istituzioni devo farlo io. Non aspettiamo che succeda qualcosa di brutto».
L’uomo ha raccontato a Le Iene di aver cercato di parlare col figlio, col quale non è in ottimi rapporti in quanto lui e la madre sono separati. Ma il tentativo è andato a vuoto.
«Mio figlio nel video dice “suicidarsi” non capisco come gli assistenti sociali o gli ufficiali della polizia postale possano prendere tutto ciò con leggerezza. Se prendessero seriamente le denunce dei genitori forse queste cose non accadrebbero».
Realtà o disastro mediatico?
Come accennato precedentemente, alcuni hanno molti dubbi sulla ricostruzione che offrono certi mass media.
Jonathan Galindo non è il primo personaggio inquietante. Molti lo hanno inquadrato come un mix tra Blue Whale, il gioco suicida, e Momo, una figura spaventosa.
Lo scopo di queste leggende del web sembrerebbe essere sempre lo stesso: adescare minori, convincerli a effettuare sfide estreme e portarli al suicidio.
Parrebbe inoltre che il personaggio di Jonathan Galindo giri sul web dal 2017 ma che sia arrivato solo adesso in Italia, pompato dai media.
Alcune testate come Wired hanno affermato: «L’ultimo passo è la trasformazione da fenomeno di internet a psicosi per la sicurezza dei bambini. Nell’evoluzione di Jonathan Galindo non c’è davvero nulla che non sia già visto».
Il vero problema per gli scettici è che la stampa abbia collegato, senza averne certezza, queste figure a casi di bambini che hanno compiuto gesti estremi creando un potenziale e pericoloso fenomeno di emulazione.
Conoscere la verità sui fatti è davvero difficile in un modo vasto come il web e gli inquirenti non si sono ancora pronunciati.
I malintenzionati però non si celano solo dietro volti mascherati come quello di Jonathan Galindo. Le raccomandazioni per i genitori sono quelle di mantenere sempre alta l’attenzione e di spiegare ai più piccoli i pericoli che si celano dentro famosi social network. Foto