Il Ministero della Pubblica Istruzione vorrebbe promuovere lo studio della filosofia anche negli istituti tecnici. La filosofia, questa la motivazione, è “utile” per dare un senso critico ai ragazzi, dotandoli di quella creatività oggi sempre più necessaria per risolvere i problemi di un mondo imprevedibile e in continua trasformazione.
Giusto, ma la filosofia potrà fare tutto questo, paradossalmente, solo a condizione di non essere ciò che il Miur vorrebbe che fosse, e cioè un sapere vincolato, sin dall’inizio, a produrre effetti pratici.
È invece solo come sapere teorico e contemplativo, infatti, che la filosofia produce anche effetti pratici. Il suo obiettivo specifico non è la produzione dell’utilita’, ma la ricerca della verità, da qualunque parte provenga, utile o dannosa che sia.
Che i nostri ragazzi coltivino questo amore per la verità non si traduce in un immediato saper fare, certo. È tuttavia di vitale importanza che a “saper fare” sia una persona che ha più a cuore la verità, per esempio, che non l’utilità.
Heidegger: cosa la filosofia può fare di noi
Perché, invece, questa sudditanza nei confronti della pedagogia anglofona, tutta incentrata sulla didattica per competenze e sul problem-solving? La filosofia può ridursi a una tecnica intellettuale di soluzione dei problemi?
O non è, piuttosto, una ricerca spassionata della verità, che spesso i problemi, anziché risolverli, li crea anche lì dove si pensava non ve ne fossero, rivelando come “falsi problemi” quelli per i quali si chiedeva invece il suo aiuto?
Heidegger diceva che la questione non è cosa possiamo farcene della filosofia, ma cosa la filosofia può fare di noi, una volta che la smettiamo di cercarne l’utilità, e ci esponiamo alle sue domande, spesso senza risposta.
Aiutandoci così a coltivare il senso del mistero, in una società in cui tutti hanno risposte pronte prima ancora che la gente si sia posta le domande…