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Scienziati italiani (a Praga) brevettano il laser che distrugge questi tumori

Un’équipe di scienziati italiani lavora al macchinario che renderà possibile disintegrare i tumori in pochi secondi. Una svolta rispetto ai tradizionali sistemi di cura.

Tutto ha inizio al Centro di ricerca Eli Beamlines, vicino Praga, dove gli scienziati hanno brevettato il dispositivo capace di distruggere i tumori.

Gli scienziati italiani sono Carlo Maria Lazzarini, Gabriele Maria Grittani e Tadzio Levato, supervisionati dal direttore scientifico del centro Georg Korn.

L’idea parte dagli studi sui laser ultracorti che lo scorso anno hanno permesso a tre scienziati di vincere il premio Nobel.

In cosa consiste il dispositivo che distrugge i tumori e come funziona

Il dispositivo si basa sull’interazione laser-plasma, resa possibile dai laser ultracorti che permettono di ridurre significativamente le dimensioni necessarie per accelerare le particelle fino a energie utili per trattamenti medici.

Lazzarini, uno degli scienziati del progetto, spiega che la disintegrazione del tumore avviene per irraggiamento da elettroni.

«Il processo che consente l’accelerazione dei suddetti elettroni si basa sull’utilizzo di fasci laser impulsati di durata di decine di femtosecondi di altissima potenza».

«L’impulso laser viene concentrato su un target gassoso, il quale viene immediatamente ionizzato, generando le cosiddette onde di plasma, con campi elettrici cosi forti da poter accelerare in pochi millimetri pacchetti di elettroni in maniera stabile e collimata – continua Lazzarini – Fasci che possono essere usati per bombardare le cellule tumorali».

L’enorme vantaggio di questo nuovo metodo sta nella possibilità di monitorare quello che succede dopo ogni sparo laser attraverso un sistema di imaging.

Lazzarini indica quali sono i tumori che potranno essere trattati: «tumori di piccole dimensioni (nell’ordine di centimetri) e situati in aree del corpo soggette a movimento, a esempio polmoni e prostata».

Il costo del prototipo oscilla tra i 10 e i 15 milioni di euro, ma il costo finale potrebbe ridursi fino a un terzo rendendo il dispositivo alla portata delle strutture sanitarie anche di piccole dimensioni.

I tempi per la realizzazione dipendono dalla raccolta fondi. Al momento gli scienziati stanno lavorando al prototipo del macchinario.

Appena raggiunta la cifra necessaria serviranno circa 5 anni per vedere i primi test che dimostrano la potenzialità dell’intervento di questa macchina.