HomeMondoLibia sull’orlo della guerra civile e l'Italia potrebbe tornare al 2015

Libia sull’orlo della guerra civile e l’Italia potrebbe tornare al 2015

La Libia è sull’orlo del baratro e della guerra civile, tanto è vero che gli scontri tra le forze armate a Tripoli sono stati violenti.

I due partecipanti al conflitto sono il governo di Tripoli di Fayez Al Serraj contro i militari fedeli al generale Khalifa Haftar di Tobruk.

L’Onu ha chiesto una breve tregua umanitaria di 2 ore in Libia per consentire l’evacuazione di feriti e civili dalle aree attorno alla capitale Tripoli.

Nella sola giornata di domenica sono morte almeno 21 persone e altre 27 sono rimaste ferite alla periferia della capitale.

A diffondere il bilancio, come riferisce il portale libico Alwasat, è un portavoce del ministero della Sanità di Tripoli.

Il generale Khalifa Haftar si è macchiato di ”tradimento” con l’offensiva militare lanciata verso Tripoli.

Il presidente Fayez al Serraj, in un messaggio televisivo: “La sua dichiarazione di guerra contro la nostra capitale non troverà nient’altro che forza e fermezza“.

Italia: profughi dalla Libia come nel 2015?

Un conflitto alle porte di casa potrebbe sconvolgere l’intera area mediterranea, specie se si trasforma in un conflitto lungo e a bassa intensità.

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La conferenza nazionale in programma a Gadames, nel sud ovest della Libia, si terrà il 14 aprile: l’auspicio è la prospettiva concreta di unione fra i partiti.

L’incertezza potrebbe avere la conseguenza di favorire un maggior numero di partenze sulla rotta del Mediterraneo centrale.

I flussi potrebbero coinvolgere anche la popolazione libica, oltre ai migranti provenienti dall’Africa subsahariana.

Una guerra civile potrebbe mandare definitivamente in crisi il sistema (con il sostegno delle forze armate libiche) per frenare il numero di partenze.

Un dispositivo già traballante, e molto criticato che, in un Paese impegnato in un conflitto interno, non reggerebbe a lungo.

Il personale militare presente sulle coste verrebbe meno, potrebbe essere facilmente indirizzato altrove.

Il timore del governo italiano è un ritorno a quattro anni fa, a quel 2015 in cui il numero di partenze dalla Libia toccò dei numeri record.

Sul fronte prettamente economico invece le preoccupazioni sono minori, ma solo per il momento.

L’Eni ha già evacuato il poco personale presente nella regione dove ha impianti petroliferi, ma opera in zone della Libia controllate dal generale Haftar.

Occhi puntati anche sul gasdotto Greenstream, lungo 520 chilometri, che collega Mellitah e Gela in Sicilia.

L’interscambio tra Italia e Libia vale oggi complessivamente 4 miliardi di euro, soprattutto per importazioni di gas e di petrolio.

Ma la mossa dell’Eni è stata fatta solo per precauzione: nessuna emergenza, solo dovuta attenzione.

Per USA e Italia, una soluzione politica è l’unica via per unificare il Paese ed offrire un piano di sicurezza, stabilità e prosperità per tutti i libici.