Lavorare meno e guadagnare di più è il sogno di ogni italiano. Da aprile hanno depositato una proposta di legge per far sì che il sogno possa diventare realtà.
I firmatari sono Nicola Fratoianni di LEU e il sociologo Domenico De Masi, che hanno proposto un modello di produzione diverso che consenta di lavorare meno.
Il professore, intervenuto su Radio Cusano Campus, ha toccato molti punti interessanti che riguardano l’orario di lavoro e la produttività.
Ha parlato del modello tedesco, del fallimento del Jobs Act, dei compromessi fallimentari dei sindacati che hanno portato gli italiani a lavorare di più con salari più bassi degli altri paesi europei.
Lavorare meno e aumentare la produttività: l’intervento di De Masi
Il ragionamento del sociologo è partito da lontano, dai primi anni ottanta: «Nel 1981 gli italiani erano 40 milioni (56 milioni, ndr), si lavorava 10 ore al giorno per 6 giorni alla settimana».
Il totale delle ore lavorate dagli italiani in un anno ammontava a 70 miliardi di ore che sono state confrontate con quelle dello scorso anno.
«L’anno scorso, pur essendo 20 milioni di persone in più, abbiamo lavorato 40 miliardi di ore. Nonostante la riduzione di 30 miliardi di ore, abbiamo prodotto molto di più rispetto ai nostri antenati».
De Masi sostiene quindi che, grazie all’innovazione tecnologica e ad altri fattori, oggi siamo in grado di produrre di più lavorando di meno.
Ha preso come esempio la vicina Germania che: «avrebbe raggiunto il 79% di produttività, facendo un po’ di flessibilità ma soprattutto riducendo l’orario di lavoro».
Poi ha attaccato le leggi sul lavoro degli ultimi anni: «dal 2000 abbiamo approvato la legge Biagi, abbiamo approvato il jobs act, abbiamo abolito l’articolo 18 e la nostra occupazione è passata dal 54 al 58%».
Ha concluso l’intervento parlando dei sindacati, affermando che negli ultimi anni hanno pensato più alla discussione che a una proposta innovativa e gratificante per i lavoratori.
Lavorare meno e guadagnare di più quindi dovrebbe essere, secondo il sociologo, un tema da mettere al centro delle prossime discussioni tra sindacati e governo.