I protettori gastrici o inibitori di pompa protonica (PPI) sono farmaci prescritti forse, in alcuni casi, con troppa leggerezza perché possono nascondere molte controindicazioni.
È una classe di farmaci usata per la cura di ulcera o reflusso gastrico o in caso di trattamento a lungo termine con FANS per ridurre il rischio di emorragie gastriche.
Conoscere gli eventuali rischi sull’uso di PPI è importante considerato che nella top ten dei farmaci più venduti in Italia ci sono 3 protettori gastrici.
È emerso da vari studi che a lungo termine potrebbero dare effetti indesiderati, anche gravi: si rende quindi necessario un approfondimento.
Protettori gastrici e demenza
Gli studi svolti su questi farmaci sono vari, ma nel 2016 l’Università di Bonn e di Rostock ha lanciato un avvertimento: una probabile correlazione tra uso di PPI e demenza.
Il loro studio è stato pubblicato su JAMA Neurology nell’aprile del 2016 e non è il solo che ha fatto emergere questa possibilità.
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Hanno partecipato all’osservazione un totale di circa 74.000 anziani di età minima di 75 anni che all’inizio del trattamento erano privi di segnali di demenza.
I ricercatori dell’Università di Bonn e di Rostock hanno condotto un’analisi osservazionale retrospettiva, relativa agli anni compresi tra il 2004 e il 2011.
Tra questi i pazienti che assumevano regolarmente protettori gastrici erano 2950 e hanno mostrato un significativo aumento di rischio di insorgenza di demenza rispetto ai pazienti non trattati con PPI.
Nello specifico lo studio ha dimostrato che l’uso di PPI si associa a un’aumentata incidenza di tutte le forme di demenza (+38%) e soprattutto di Alzheimer (+44%).
È un dato molto importante considerando che in Italia sono tra i farmaci più prescritti e che il 20% delle persone con età compresa tra 75 e 84 ani manifesta segnali di declino cognitivo.
Perché questi farmaci sono pericolosi
Fanno parte della famiglia di questi farmaci: omeprazolo, pantoprazolo, lanzoprazolo, esomeprazolo e rabeprazolo.
Le ipotesi messe in campo sono varie e affiancate anche da altri studi. In questo in particolare è stato notato che il lanzoprazolo aumenterebbe la produzione di proteina beta amiloide responsabile dell’Alzheimer.
Ma altri studi suggeriscono che l’insorgenza di demenza e Alzheimer potrebbe essere associata al cattivo assorbimento di ferro non eme, magnesio e vitamina B12.
In conclusione, prima di prescrivere con tanta facilità questi farmaci sarebbe doveroso valutarne benefici e rischi e monitorare e rivalutare periodicamente l’assunzione dei PPI.
Come rimarca il dottor Todd C. Lee, che ha seguito lo studio sugli effetti collaterali dei PPI pubblicato su CMAJ (Canadian Medical Association Journal):
“La somministrazione di PPI si può associare a un numero di effetti avversi rari, ma potenzialmente molto seri.”
“Si tratta di eventi non frequenti – continua il dottor Lee – ma se rapportati alla moltitudine di persone in trattamento con questi farmaci, decine di milioni nel mondo, il loro impatto diventa decisamente rilevante”.