Il caso di Riccardo Magherini lo ricorderete tutti: morì la notte del 3 marzo 2014 durante un fermo dei carabinieri.
Quella sera e dopo aver cenato in compagnia di alcuni sui amici, Riccardo stava passeggiando per le vie di Firenze prima di rientrare nella sua abitazione di borgo San Ferdinando.
Padre di un bimbo di due anni, si era da poco separato con la moglie Rosangela. Durante la sua passeggiata viene colto da una crisi di panico: è convinto di essere inseguito da qualcuno che lo vuole uccidere.
Scappa, corre chiedendo aiuto a chiunque incontri per strada, riesce persino a procurarsi un cellulare da un cameriere per chiamare la polizia.
Il grido disperato d Riccardo Magherini
Poi arrivano i carabinieri. Lui si mette in ginocchio supplicandoli di aiutarlo perché convinto che qualcuno voglia sparargli. I militari lo rassicurano chiedendo di seguirli in caserma.
A questo punto, sentendo parlare di caserma il suo stato di panico aumenta e tenta di scappare. I quattro carabinieri riescono a bloccarlo e lo costringono a mettersi a terra in posizione prona.
Intanto le urla attirano l’attenzione delle persone che abitano nella zona che iniziano a registrare. Alcuni passanti si fermano chiedendo ai carabinieri di lasciarlo stare. Sembrerebbe che sia stato raggiunto da diversi calci.
Riccardo è a terra e urla: “Aiuto! Aiuto! Sto morendo! Sto morendo! Aiuto… c’ho un figliolo!”. Saranno le sue ultime parole prima di morire.
Quella notte aveva fatto uso di cocaina ma l’autopsia parla di morte per asfissia posturale: non riusciva a respirare.
Dopo aver ascoltato le testimonianze e aver visionato i filmati, la Corte di Cassazione assolve in via definitiva i tre carabinieri perché “non potevano prevedere che sarebbe morto”.
La famiglia Magherini ha presentando ricorso contro la sentenza alla Corte Europea dei diritti umani: è stato accolto. L’esito è previsto tra qualche mese.