Quello che sta accadendo negli ultimi giorni in Siria è qualcosa di insopportabile. Qualcosa che grida Giustizia al cielo e alla terra, all’Umanità e alla Storia. Qualcosa che scuote e interpella la coscienza di tutti gli esseri umani che scelgano di restare umani.
Sta accadendo che un popolo fiero, coraggioso, libero, laico, democratico ed egualitarista (l’unico in quell’area) , un popolo senza terra, che aveva affrontato e sconfitto il mostro di Daesh sul campo immolando a questa causa molte delle sue donne e dei suoi uomini, di colpo sia stato abbandonato, tradito, sacrificato dai suoi alleati occidentali ai suoi carnefici: i Turchi, con l’appoggio diretto di gruppi di miliziani filo-turchi diversamente legati all’Isis e al terrorismo jihadista.
Quel che più indigna e lascia sgomenti è l’ipocrisia con cui Usa e UE stanno rispondendo a questo rinnovato asse islamista-radicale tra la Turchia di Erdogan (Paese della Nato!) e gruppi jihadisti.
Ipocrisia manifesta nella totale incongruenza tra le roboanti dichiarazioni di pubblica indignazione rilasciate da tutti i principali rappresentanti politici dei Paesi UE e il loro sostanziale immobilismo politico-militare di fronte a questo rinnovato piano di pulizia etnica lanciato dal dittatore turco.
Siria: tre contraddizioni insostenibili
Di tale inerzia hanno approfittato ad oggi Assad e Putin, i soli ad aver risposto alla richiesta di aiuto dei Curdi. Con il ritiro degli americani dal nord della Siria voluto da Trump e la linea di non-interventismo UE non solo l’Isis rischia di ricostituirsi ma si sta anche determinando, in quell’area già martoriata da 8 anni di sanguinosi conflitti, un evidente spostamento geopolitico a vantaggio dell’asse Putin-Assad e a danno degli interessi strategici dell’occidente e questo credo la dica lunga sulla inettitudine e la cecità di USA e UE.
Dietro gli appelli, gli avvertimenti e le condanne di facciata possiamo vedere quanto l’effettiva posizione dei Paesi della Nato, rispetto a questa nuova pericolosa crisi geopolitica, sia caratterizzata da almeno tre contraddizioni e ambiguità insostenibili che si evincono da alcuni numeri:
1) L’export di armi dai Paesi UE alla Turchia comincia ad essere messo in questione solo ora, solo per il futuro e al momento solo da 4/5 Paesi membri ma da parte della UE non c’è neppure una risoluzione di embargo unitario dell’export bellico verso la Turchia.
L’UE fino ad oggi continua ad armare la mano del dittatore Erdogan e, indirettamente, dei gruppi jihadisti a lui collegati. Basti pensare che negli ultimi quattro anni l’Italia ha autorizzato forniture militari alla Turchia per 890 milioni di euro e consegnato materiale di armamento per 463 milioni di euro confermandosi tra i principali Paesi esportatori di armi in Turchia.
Turchia membro della Nato
2) In quanto membro della Nato la Turchia, in caso di contrattacco, ha diritto ad essere difesa dagli altri membri della Nato (nonostante l’invasione turca del nord-est della Siria sia del tutto unilaterale e illegale).
L’Italia, per capirsi, schiera al confine turco-siriano 130 soldati e una batteria di missili terra aria per proteggere con la Nato lo spazio aereo di Ankara da una possibile risposta proveniente dalla Siria, cioè a protezione di chi sta massacrando i Curdi.
Ciò premesso, nel momento in cui i Curdi volessero contrattaccare l’esercito di Erdogan o il regime di Assad intervenisse al fianco dei Curdi in funzione anti-turca, questi 130 uomini dovrebbero rispettare i patti e rispondere con i loro missili italiani in difesa di Erdogan!
3) L’UE si piega ai ricatti di Erdogan perché lo stesso leader turco, che ha ricevuto e continua a ricevere miliardi di euro dalla UE per mantenere nei suoi confini (in condizioni disumane) milioni di profughi siriani, tiene sotto scacco l’intera UE con la minaccia di rovesciarli sull’Europa (come fossero armi di distruzione di massa e non persone).
Dopo la pioggia di miliardi previsti fino al 2020 sin dal lontano 2002 con il programma Ipa (acronimo di Instrumentum per Pre-Accession) ovvero col pacchetto di misure finanziate dalla Ue per favorire l’avvicinamento della Turchia ai requisiti economici e democratici richiesti per l’accesso turco all’UE (tra il 2007 e il 2016 Ankara ha incassato 733 milioni di euro che diventeranno 10,6 miliardi entro il 2020) si è arrivati, nel 2016, allo stanziamento di un pacchetto da 3 miliardi di euro finalizzato al blocco dei flussi di profughi (in questo contesto l’Italia sta tuttora regalando alla Turchia qualcosa come 224,9 milioni di euro solo sul versante del blocco dei profughi).
Debolezza e ambiguità di Usa e UE
Così mentre sia in piazza che in rete monta in gran parte della UE l’indignazione dell’opinione pubblica contro l’offensiva criminale di Erdogan, la debolezza e l’ambiguità politica di Usa e UE si stanno palesando in tutta la loro vergognosa evidenza.
Basti pensare che in questi giorni i Turchi hanno colpito perfino una base americana e poi ambulanze, ospedali, ONG violando la convenzione di Ginevra; i jihadisti filoturchi sono arrivati a trucidare e lapidare in un agguato la giovane attivista curda dei diritti delle donne curde Hevrin Khalaf; Erdogan rilancia urbi et orbi la sua offensiva per la completa conquista di Kobane, ma niente di tutto questo è bastato a sortire una reazione concreta e realmente dissuasiva da parte americana ed europea per fermare la mano assassina del Sultano.
Fino a quando dovremmo vergognarci di essere europei e sopportare il peso di queste ipocrisie? Ma soprattutto: quando in UE si comincerà a discutere seriamente l’espulsione della Turchia di Erdogan dalla NATO?