Aveva studiato e ottenuto un posto a tempo indeterminato, poi è arrivato il virus e la ditta è stata costretta a licenziarlo: si suicida a 29 anni.
Chiusi in casa per settimane, mesi o forse anni. Il governo ci dice che questa è la strada da percorrere ma nonostante siamo chiusi in casa da oltre venti giorni e usciamo rispettando tutte le norme di sicurezza, i dati sembrano non beneficiare della quarantena.
Non spetta a noi giudicare le misure dell’esecutivo, certo ma attenzione, se davvero non bisogna lasciare indietro nessuno, allora dobbiamo occuparci anche di chi non riesce a superare situazioni di stress e ansia che, con un minimo di depressione, diventano un mix micidiale.
Oltre alle persone decedute per coronavirus, di cui la maggioranza aveva tre o quattro patologie gravi e un’età avanzata, ci sono morti di cui nessuno parla e che non soffrivano di nulla se non della paura di non farcela.
Impiegato suicida a 29 anni e depressione
A Torino, precisamente a Carmagnola, un ragazzo di 29 anni si è tolto vita perché l’azienda è stata costretta a licenziarlo. È successo venerdì scorso.
Laureato in Lingue aveva ottenuto l’assunzione a tempo indeterminato dopo un tirocinio durato otto mesi. Un traguardo che, secondo quanto raccontato dai genitori, aveva rappresentato una svolta nella vita del giovane.
Il ragazzo era molto fragile e soffriva di una lieve depressione: perdere quel posto di lavoro sicuro, dopo anni di studio e sacrificio, deve averlo letteralmente “schiacciato”.
È stato trovato impiccato nella tromba delle scale del condominio dove abitava con la famiglia.
Pochi giorni fa sul nostro sito avevamo pubblicato un articolo sul terrorismo mediatico in cui si faceva menzione di alcuni casi di suicidio per paura del virus.
In un altro articolo, pubblicato dal sito oggi scienza nel novembre del 2019, vengono riportati alcuni dati ISTAT del 2015 in cui si parla di 2,8 milioni di persone con depressione cronica.
Quasi nella metà dei casi la depressione si associa ad ansia, un disturbo che colpisce in Italia più di due milioni di persone. In totale sono quasi 3,7 milioni le persone che soffrono di una delle due malattie, circa il 7% della popolazione.
Un numero altissimo e di cui le Istituzioni non possono non tenere conto. Bisogna agire il prima possibile, prima che sia troppo tardi.