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HomeSaluteTacconelli sui monoclonali: «Ospedalizzazione crolla dal 21-25% all’1-5%»

Tacconelli sui monoclonali: «Ospedalizzazione crolla dal 21-25% all’1-5%»

In un’intervista rilasciata al quotidiano Avvenire, la professoressa Evelina Tacconelli, professore ordinario di Malattie infettive e direttore della clinica di Malattie infettive dell’azienda ospedaliera universitaria di Verona, ha parlato dell’importanza dei monoclonali.

“Una sola dose di anticorpi monoclonali, somministrata al paziente con Covid-19 nei primi tre giorni di infezione, in una sola ora riduce di oltre l´80% il rischio di ricovero ospedaliero: non solo evita la malattia severa, quindi la terapia intensiva o addirittura il decesso, ma costa infinitamente meno di un ricovero”.

Evelina Tacconelli è anche responsabile del gruppo di ricerca sulle infezioni resistenti agli antibiotici dell’università di Tübingen in Germania.

Tra le prime cose che ha sottolineato c’è il fatto che, in alcune regioni del nostro Paese, i monoclonali non sono stati utilizzati. “Addirittura sono stati trasferiti in altre regioni per evitare che scadessero“.

Anticorpi monoclonali per la prevenzione prima del contagio

La professoressa ha detto che “stanno arrivando anticorpi monoclonali in grado anche di fare prevenzione prima del contagio; e altri ancora potranno essere utilizzati subito dopo un possibile contagio, sempre per prevenire”.

Se confermata sarebbe davvero una bella notizia, quella brutta è che sempre secondo la Locatelli, in Italia, l’aggiornamento medico continuo non è organizzato in maniera consistente ed è troppo spesso lasciato nelle mani delle industrie farmaceutiche.

“È gravissimo – ha commentato – perché quello che abbiamo studiato durante l’università è solo una porzione infinitesimale di quanto è possibile fare oggi, e senza un aggiornamento permanente possiamo fare errori molto gravi”.

Ha spiegato che i monoclonali sono stati messi a disposizione da Aifa gratuitamente per tutte le regioni, poi ha aggiunto di non avere, né di aver mai avuto, alcun rapporto con le case farmaceutiche che producono monoclonali.

“Tengo a precisarlo perché il rapporto case farmaceutiche-medici non è ancora abbastanza chiaro in Italia, e necessita con urgenza di una rivalutazione a livello ministeriale per evitare un utilizzo improprio delle nuove molecole prodotte, come per esempio i nuovi antibiotici”.

L’efficacia

Tornando a parlare dell’efficacia dei monoclonali, la Tacconelli ha detto che questi farmaci hanno un impatto clinico enorme, soprattutto sul paziente fragile.

“È essenziale però che la terapia venga effettuata entro 72 ore dalla comparsa dei sintomi. Il sistema funziona se c’è totale collaborazione con la medicina territoriale e con il medico di medicina generale, che per primo segnala al nostro ambulatorio i pazienti più fragili”. 

Alla domanda di Avvenire, se è corretto affermare che i monoclonali riducono dell’85% ricoveri e decessi, la professoressa ha risposto che: “Se si confrontano due gruppi di pazienti che sono over 60, con comorbidità, trattati uno col monoclonale e l’altro senza nulla, in quelli trattati la riduzione di rischio è intorno all’85%”.

Poi ha precisato: “Ovvio che se invece riferisco questo dato a tutta la popolazione, dove di per sé la mortalità è molto bassa perché comprende i giovani, la percentuale scende”.

Quando il giornalista ha fatto notare che somministrando i monoclonali a tutti i positivi, quasi nessuno si ammalerebbe, la professoressa ha detto che sarebbe uno sforzo impossibile.

“Occorrono ambulatori dedicati, bisogna informare ogni paziente, visitarlo, e dopo un’ora di infusione tenerlo in osservazione un’altra ora. Riusciamo a farne 15-20 al giorno, sabato e domenica compresi, quindi selezioniamo chi ha almeno un fattore di rischio, anche solo l’età, oppure una comorbidità importante come l’ipertensione grave, il diabete, la dialisi, un tumore”.

La questione novax

La professoressa Tacconelli ha anche spiegato cosa significa quando si dice che gli anticorpi monoclonali sono di origine umana. “Che oggi si ottengono utilizzando il linfocita originario B, che è quello che poi produce gli anticorpi, una proteina di origine umana. Preciso che molti dei nostri pazienti sono no vax”.

A proposito dei no vax ha affermato che molti lo sono in quanto insicuri degli effetti del vaccino, e questo deriva dal bombardamento di informazioni non controllato e spesso contraddittorio.

“Quello che dovremmo aver imparato dal Covid è che il piano pandemico non deve solo assicurarsi che ci siano posti letto, ma anche che ci sia un coordinamento nazionale per un’informazione corretta, che eviti i litigi tra “virologi” in diretta tivù. Il divo medico è una cosa che trovo intollerabile”.

Ecco invece come ha risposto sull’ipotesi strampalata di qualche commentatore, di voler far pagare le cure a chi sceglie di non vaccinarsi. “Allora se fumo due pacchetti di sigarette al giorno, perché devo essere curato? Me la sono voluta… O se mi drogo? La sanità e l’educazione devono essere sempre garantite a tutti, gratuitamente e in modo uguale”.

I monoclonali abbassano il rischio di ospedalizzazione

Nell’azienda dove lavora hanno trattato oltre 2.000 persone con i monoclonali. “Il risultato è che con la combinazione di due anticorpi (non ne usiamo più uno singolo) il rischio di ospedalizzazione crolla dal 21-25% all’1-5% a seconda della gravità del paziente. Tra i pazienti con gravi malattie di base, vaccinati e trattati con i monoclonali, nessuno è stato ricoverato”.

Un altro aspetto molto interessante è quello del rischio, che nel caso dei monoclonali riguarda una possibile reazione anafilattica. Rischio che secondo la Tacconelli è al di sotto dell’1% e, anzi, in molti trial non si è mai verificato.

“Il suggerimento è di procedere sempre in un luogo che sia attrezzato a soccorrere il paziente in caso di reazione allergica”.

La vera battaglia per il futuro? Ridurre la mortalità per le infezioni resistenti agli antibiotici

Durante l’intervista ha detto che la sua idea è quella di non perdere l’esperienza del Covid e di utilizzarla per ridurre la mortalità per le infezioni resistenti agli antibiotici.

“Questa è la vera battaglia per il futuro dell’umanità – ha detto – ed è una battaglia che in Italia per ora è persa, siamo il Paese peggiore d’Europa per casi e decessi ma sembra che non importi a nessuno”.

A questo punto ha spiegato perché non se ne possono creare di nuovi: “Lo sviluppo degli antibiotici è un processo chimico e biologico estremamente costoso, così negli ultimi 20 anni le case farmaceutiche hanno lentamente abbandonato la ricerca su questi farmaci per lavorare, per esempio, sugli anticorpi monoclonali usati in oncologia e sulle chemioterapie, che sono estremamente più redditizi. L’antibiotico deve costare poco, di conseguenza non è attraente”. 

Un’altra forma di “long Covid”

A fine intervista Evelina Tacconelli ha parlato di un’altra forma di “long Covid” che ci riguarda un po’ tutti. “Questi due anni sono stati una specie di esperimento sociale di psicopatologia, abbiamo vissuto qualcosa di inimmaginabile, io non penso di essere la stessa persona di due anni fa, e ho il terrore di vedere che cosa succederà a questi bimbi che non sono andati a scuola per un anno, che a tre anni pensano sia normale lavarsi le mani ogni cinque minuti, che hanno imparato a non abbracciare nessuno. È stato un evento che ci ha cambiati, altro che 11 Settembre, e i risultati li vedremo per anni e anni. La mia speranza è che tutto questo non venga sprecato e diventi risorsa, possiamo da qui ripartire per creare rapporti più sani, un nuovo equilibrio, un mondo realmente più giusto e normale”. Foto: YouTube