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HomeScienza e AmbienteTartufo «regala benessere»: spiegato perché anche gli animali lo ricercano

Tartufo «regala benessere»: spiegato perché anche gli animali lo ricercano

Un alimento molto pregiato, con un ottimo sapore e tante proprietà. Ma sapete che la sfrenata passione per il tartufo potrebbe avere una spiegazione precisa?

C’è chi lo chiama oro o diamante della gastronomia e infatti in molti sono disposti a pagare cifre esorbitanti pur di ottenerlo.

Cos’è. È un fungo che produce il suo frutto sottoterra. Attende di essere dissotterrato da un uomo o un animale per poter propagare le sue spore e riprodursi. Ne esistono circa cento tipi ma di questi solo nove sono commestibili.

Tartufo bianco. È il più pregiato e conosciuto soprattutto per il suo prezzo da capogiro dovuto alla scarsità di esemplari e dall’impossibilità di coltivarlo. Si trova da metà settembre a fine gennaio.

Bianchetto. Somiglia al tartufo bianco ma pur avendo una forma simile ha dei colori più scuri ed è meno pregiato. È detto anche Marzuolo e si raccoglie da metà gennaio a fine aprile.

Tartufo nero. Si divide varie specie, più o meno pregiate, che vengono raccolte in diversi periodi dell’anno perché disponibili praticamente in tutte le stagioni. Esiste quello pregiato, quello estivo, quello uncinato e quello invernale.

Proprietà. È famoso per la ricchezza di antiossidanti che aiutano a combattere i radicali liberi. Inoltre ha proprietà elasticizzanti che stimolano la produzione di collagene. È un’ottima fonte di magnesio e calcio e ha un altissimo contenuto proteico.

Conservazione. Il miglior consiglio è sempre quello di comprare tartufi freschi e consumarli subito. Tuttavia, se non fosse possibile, può essere congelato intero e grattugiato.

La “molecola del piacere” del tartufo: una particolare scoperta

Uno studio del 2014 sul tartufo nero, Tuber melanosporum, ha portato alla scoperta della “molecola del piacere”, una sostanza del tutto simile al THC della cannabis: l’anandamide.

Questa molecola è un endocannabinoide il cui nome, anandamide, deriva dal sanscrito e, non a caso, significa piacere estremo o estasi.

È del tutto simile alla sostanza psicoattiva della cannabis e «scatena il rilascio di sostanze chimiche che regalano benessere e modulano l’umore».

L’idea di cercare endocannabinoidi nel tartufo partì da un’altra scoperta dei ricercatori che dimostrava che la formazione di melanina nella nostra pelle era regolata proprio da queste sostanze.

Siccome il tartufo nero contiene melanina, gli studiosi si chiesero se l’anandamide, il lipide che stimola la produzione di questo pigmento per proteggere la pelle dai raggi, fosse anche nel tubero.

Inoltre hanno proposto una spiegazione al perché alcuni animali abbiano una vera passione per l’odore del tartufo.

A quanto pare il tartufo usa l’anandamide per attrarre gli animali e spingerli a nutrirsene, in modo che le spore possano essere disseminate nell’ambiente e questo favorisca la diffusione dei tartufi stessi.

La sostanza psicoattiva presente nel tartufo, secondo i ricercatori, non serve ad attirare da lontano l’animale ma «piuttosto punta ad appassionarlo a questo alimento».

L’interessante ricerca intitolata Truffles contain endocannabinoid metabolic enzymes and anandamide è stata pubblicata sulla rivista Phytochemistry.